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Lettera di Ilaria al suo Papà deceduto in missione nel Libano il 30 luglio 2004

 

QUELLA CAREZZA SULL ‘ANIMA, ERA  DIO !

Questa lettera è per te caro papà, per ricordare ciò che eri per me e che sarai per sempre. Non ricordo il giorno in cui sono nata, nessuno può;
ma posso immaginare la gioia nei tuoi occhi, la tua emozione per la nascita della tua prima figlia. Posso immaginare l’emozione che avrai provato prendendomi in braccio la prima volta, e la tua muta promessa di proteggermi in ogni giorno della tua vita.
Il destino un giorno ha scelto di portarti via da noi. Te ne sei andato in un attimo senza lasciare il tempo di capire, lasciando in noi un vuoto immenso, un dolore profondo ed una grande nostalgia.
Quella carezza sull’anima, era Dio. Abbiamo passato momenti duri e difficili perchè il tuo silenzio nella nostra vita, era assordante. Tutti noi cercavamo di farci forza giorno dopo giorno. Quanta vita da archiviare, quanti sogni a cui rinunciare, come faccio a rassegnarmi, a non vederti più?
Dopo quasi 10 anni ancora non mi rassegno; a volte spero solo che tu sia stato fuori per tutti questi anni e che da un giorno all’altro, tornerai. La realtà non è questa.
Ti penso sempre, tutti i giorni della mia vita. Perchè per me non morirai mai. Scusami se per tutti questi anni non sono venuta spesso al cimitero, in quel luogo cupo e triste che mi stringe il cuore.
Per me tu sei altrove: sei un angelo, magari quello più burlone di tutti, magari quello che fa lo sgambetto ad un altro angelo come te, così voglio immaginarti. Chissà se sai che ho fatto la comunione e ho pregato per te. Chissà se sai quanto è grande il mio amore per te; anche adesso le lacrime non mi fanno vedere quello che scrivo. Eppure so che tu sarai sempre al nostro fianco. Ti Amo con tutta l’anima!
Ti aspetto nei miei sogni, non farmi aspettare troppo.

Per sempre la tua bambina: Ilaria.

 

 

 

Omelia per la S. Messa di affidamento degli orfani dei Carabinieri alla Madonna degli Angeli – Basilica S. Maria degli Angeli (Assisi), 8 giugno 2013

 

ALLA SCUOLA DI GESU’ COMPASSIONEVOLE

Carissimi nel Vangelo ascoltato, viene presentato Gesù che incontra una madre vedova. L’iniziativa è interamente sua, completamente gratuita. La vedova non gli ha chiesto nulla, semplicemente mostra, piangendo, il suo dolore. Ella, che accompagna alla tomba il suo unico figlio, non ha una parola, né un sospiro, né una supplica, né il minimo ricatto che talora l’estremo dolore si sente in diritto di far valere come risarcimento alla perdita della persona amata. 
Il sentimento che spinge Gesù è la compassione, sentimento profondo e umanissimo, che permette di entrare in relazione. Lo sguardo del Signore vede il dolore della donna, l’insopportabile peso di morte che grava su di lei, moglie di un marito morto. E allo sguardo segue la parola rivolta coraggiosamente: «Non piangere». La parola di Gesù sa toccare e raggiungere il dramma dell’esistenza umana. E’ una parola audace e autorevole, una parola sentita, che nasce dal cuore, coinvolge totalmente e che non teme di apparire folle, insensata, irragionevole. In realtà, è una parola che dice e dà, agisce e opera, è una parola umana che rivela Dio, amante della vita. Anche noi, di fronte al lutto e al dolore umano, siamo smarriti, non abbiamo parole adeguate e finiamo nella banalità o nella ripetizione di parole vuote e comuni.Perciò Gesù incontra e prende su di sé le nostre sofferenze. Dio visita il suo popolo. Visitare è un verbo che deriva da «vedere», un vedere che osserva, si fa vigile e si preoccupa, come il vedere del samaritano che, sulla strada tra Gerusalemme e Gerico, ebbe compassione dell’uomo trovato mezzo morto. L’avvicinarsi di Gesù alla vedova del Vangelo è la figura visibile dell’avvicinarsi invisibile di Dio a tutte voi, care vedove.Presso la porta della città immaginiamo presente anche la nostra famiglia dell’Arma, come una madre afflitta, che vuole essere consolata per la morte dei suoi figli, i carabinieri.
Tutte voi moglie e madri, come una sola madre, siete nella sofferenza e vi interrogate: fin quando i fratelli uccideranno i fratelli? 
 C’è un valore eterno per ogni vita caduta a terra, anche se non è dato di conoscere i tempi del germoglio. Se intorno tutto sembra spegnersi e perdere di significato, Dio vuole che in noi bruci la passione per il bene comune, vuole che si riaccenda il fuoco della civiltà dell’amore. La missione del Carabiniere è prendersi cura della vita, in un mondo violento e magnifico.
L’etica dell’Arma è l’etica della consanguineità, che non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, ma l’attenzione costante al bene di tutti e di ciascuno.Il posto del Carabiniere è là dove l’umanità è lacerata a causa dell’illegalità, dell’emarginazione, delle difficoltà della vita. Dove vi sono gruppi umani che si escludono, che sono in conflitto, i Carabinieri sono lì, al di sopra di queste fratture, credendo fermamente che, grazie alla loro professione generosa e lungimirante, la riconciliazione sia possibile. A voi, cari amici dell’Arma, spetta l’impegno gravoso ma esaltante di immettere un saldo fondamento etico nelle decisioni e istituzioni economiche e politiche, nazionali e internazionali, necessarie nel prossimo futuro. Il vostro servizio sarà sempre necessario, anche nella società più giusta.Carissimi, l’esempio dei nostri militari ci aiuti a coltivare con magnanimità e lealtà l’amore all’Italia. Siamo chiamati tutti a un sussulto di speranza, sviluppando il senso della responsabilità e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà, l’opportuna unità e la proficua diversità. Signore Gesù, mai come ora la morte attraversa le nostre vite con il suo volto oscuro e spesso dispettoso. La famiglia dell’Arma, privata di tanti suoi figli, è come la madre che ti incontra, desolata e piangente sulla ineluttabile sorte dei suoi cari. Fa’ che ognuno toccato e trafitto dal dolore e dalla morte si lasci incontrare da te, Signore Gesù, perché tu solo puoi dire: non piangere più. Grazie, Signore, per il dono inestimabile della tua compassione, che ci rianima, ci rialza, risana il nostro cuore col tuo amore. Affidiamoci alla materna intercessione della Virgo fidelis, ci ottenga dal Signore di rafforzare la nostra fede nella vita eterna; ci aiuti a vivere bene il tempo che Dio ci offre quella speranza che alimenta in noi il coraggio e la forza dell’amore. Amen.

Vincenzo Pelvi  Arcivescovo

 

La Festa
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